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La piazza delle mille danze
di Anne-Marie Turcotte


In occasione dei concerti organizzati dall'assessorato al Turismo, spettacolo ed eventi nell'ambito di MonzaPiù, piazza Carrobiolo è stata teatro di una delle più interessanti iniziative musicali di quest'anno, ospitando nelle sere di giovedì 11, venerdì 12 e sabato 13 settembre i concerti dei gruppi di musica popolare Asteriskos, Il Paese delle Mille Danze e La Paranza del Vesuvio.

"Musica popolare" è il termine generico che racchiude l'insieme pressoché infinito delle tradizioni musicali di un popolo, sintesi del sentire e della pratica collettiva, filtrati attraverso i secoli dalla fantasia di esecutori e compositori di ogni epoca.
La musica popolare si può quindi considerare la grande madre di tutti i generi, espressione della realtà mutevole.

Il Paese delle Mille Danze

Riconosciuto come uno dei gruppi più rappresentativi della musica folk italiana, Il Paese delle Mille Danze è attivo da circa dieci anni, ed è specializzato nelle musiche a ballo appartenenti alle antiche tradizioni.
Il suo repertorio comprende danze provenienti da tutti i paesi del mondo, e soprattutto d'Europa: arie e danze bretoni, irlandesi, francesi, musiche dei gitani dell'Est, danze occitane italiane, ma anche alcune antiche canzoni popolari sarde, pugliesi, e così via.
Il gruppo è composto da Pierpaolo Perazzini (voce e violino, chitarra e front man del gruppo), Gerardo Cardinale (flauti di legno), Simone Mongelli (percussioni), Francesco Motta (chitarra, basso), Armando Illario (fisarmonica), Paolo Fumagalli (violino).

La varietà degli arrangiamenti consente interessanti riadattamenti e reinterpretazioni anche di brani conosciuti, ed è un piacere scoprire, per esempio, come il ritmo di una danza popolare portoghese stia perfettamente nella metrica di una canzone degli Inti-illimani.
E' casuale, o entrambe i pezzi hanno una matrice comune?
Varie spiegazioni sono possibili, ma in quest'ambito la ricerca è incentrata soprattutto sul reperimento del materiale e sul modo di trasmetterlo, e se l'idea di autenticità resta un fattore importante, non è vincolante ai fini dell'esecuzione.

Durante il concerto sono passate in rassegna le danze più ricorrenti nei corsi divulgativi, un chiaro invito rivolto al pubblico; invito raccolto con naturalezza dagli appassionati, che si sono spontaneamente raccolti davanti al palco quasi a fornire un doppio spettacolo a tutti gli altri, con esempi vivi di "Scottish" (danza di origine francese), "Canadese" (originaria della Gran Bretagna), Setnja (di area serba), e altre danze europee o italiane.

La danza come condivisione di entusiasmo è stata il fulcro della serata.

Il canto lo è stato invece nella serata successiva, con il gruppo La Paranza del Vesuvio.

L'attività di questo straordinario gruppo ruota attorno a Giovanni Coffarelli: figura storica delle tradizioni vesuviane, punto di riferimento irrinunciabile per tutti i più grandi etnomusicologi, è riconosciuto dalle nuove generazioni come memoria vivente di canti e racconti.
Gli altri componenti del gruppo sono Angelo Tuorto (calascione, chitarra battente), Beppe Coramando (fiati, scacciapensieri), Michele Matone (tammorre), Sara Tramma (voce, triccheballacche, tammorra).

Un breve seminario tenuto nel pomeriggio dallo stesso Coffarelli, ha permesso la conoscenza di alcuni degli strumenti musicali utilizzati: -tammorra (tamburo con un diametro minimo di 35 centimetri, con sonagli disposti attorno alla fascia laterale come nel tamburo basco); -chitarra battente (a cinque corde, più piccola della chitarra normale, con cassa tonda e bombata);
-calascione (chitarra di grandi dimensioni);
-triccheballacche (strumento a percussione fatto con tre martelletti fissati a una base di legno);
-putipù (chiamato anche "caccavella", formato da una cassa armonica chiusa e ricoperta da una pelle, al centro della quale si fissa una canna che viene strofinata producendo il caratteristico suono simile all'onomatopea "putipù").

Il tempo inclemente ha fatto sì che la serata fosse piuttosto movimentata, ma sempre di eccezionale interesse.
Gli esecutori, costretti a interrompere poco dopo l'inizio un concerto che si stava prospettando straordinario, per non privare il pubblico dello spettacolo e sperando che nel frattempo smettesse di piovere, hanno improvvisato un corteo musicale, passando nelle vie adiacenti la piazza al suono delle tammorre.
Dopo questa breve sfilata, il programma si è chiuso in piazza Carrobiolo sotto una pioggia battente con due brani d'eccezione: una invocazione al sole ("Jesce sole!") nella trascinante interpretazione di Giovanni Coffarelli, e una "tammurriata" interpretata dalla splendida Sara Tramma.
In quest'ultimo brano, momento di massima espressione vocale, si è colto tutto lo spessore della vocalità tradizionale campana, erede diretta di quegli stili di area mediterranea che sono caratterizzati dalla monodicità.
Nel canto monodico-solistico si colgono le minime sfumature espressive della voce, e questa ricchezza policroma è uno dei massimi gioielli della tradizione musicale mediterranea.
Gli esecutori, veri e propri virtuosi, riconosciuti come tali dalla collettività, sono investiti del ruolo ufficiale di "cantatori" nelle feste sacre e profane; il cantatore conosce alla perfezione i brani e gli stili della tradizione tramandata oralmente.

I concerti erano dedicati alla memoria di Roberto Leydi, insigne etnomusicologo recentemente scomparso, tra i principali promotori della rinascita del folk in Italia dagli anni cinquanta in poi, organizzatore di iniziative editoriali e discografiche volte alla ricerca e alla divulgazione della musica popolare. Il suo studio tenace sulle tradizioni musicali italiane è una delle espressioni più luminose della grande speranza di ricostruzione, anche culturale, dell'Italia del dopoguerra.

La notevole affluenza e l'entusiastica partecipazione del pubblico suggeriscono la ripetizione dell'iniziativa non soltanto come elemento collaterale al Gran Premio di Formula Uno, ma anche come evento centrale in un contesto culturale che ne possa valorizzare l'alto significato musicale e di ricerca.

Anne-Marie Turcotte



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  14 settembre 2003